giovedì 18 aprile 2013

Due anime

Che la democrazia italiana si ormai a un passo dalla sua dissoluzione ormai è una questione appurata. Il clima di forte ostilità che si è venuto a creare in seguito alle candidature per la presidenza della Repubblica, dimostrano ancora una volta le difficoltà che il Partito Democratico, l'ultima forza partito rimasta unita ed operativa (seppur con tutti i suoi limiti), deve affrontare nel disperato tentativo di trovare una qualche forma di stabilità politica.
Attaccato sia esternamente, da Grillo e Berlusconi, che internamente, da Renzi e i "franchi tiratori" (paragone improprio ma simbolico dei personalismi che ormai divorano il dibattito politico nostrano), l'ultimo partito democratico e non personalistico rimasto Italia, deve accollarsi il peso di esprimere una candidatura per il Quirinale che sia al tempo stesso condivisibile dalle altre forze politiche e rappresentativa del Paese (inteso nel suo senso più ampio e non nel differente umore quotidiano che travaglia il popolo sovrano).
Partendo da questo presupposto viene quindi da chiedersi se i due candidati più forti, Franco Marini e Stefano Rodotà, rispondano a queste due necessità. Il primo viene dal mondo sindacale d'un tempo, da quella CISL di Pastori, Storti e Carniti che era effettivamente un'organizzazione volta alla protezione del mondo operaio e non autoreferenziale come quella odierna. Il secondo è un giurista, ha partecipato alla scrittura della Carta dei Diritti Fondamentali Europea ed è stato garante della Privacy per circa otto anni.
Due curriculum più che rispettabili che quindi li qualificano come possibili candidati al colle più alto di Roma (altrettanto non si poteva dire di una certa Milena Gabbanelli, che per quanto possa essere considerata un'ottima giornalista d'inchiesta, non possiede quelle qualifiche necessarie per rappresentare uno Stato complicato come il nostro), ma che non risolve il rebus su chi dei due sia il più appropriato in una fase difficile come questa. Mentre Marini può rappresentare tutte gli schieramenti e quindi unire le diverse componenti del Parlamento, Rodotà può esprimere al meglio quel desiderio di cambiamento che a gran voce viene espresso dagli italiani.  
E' proprio in quest'ultima constatazione che scatta il cortocircuito che ci ha portato a questa impasse: da un lato il desiderio di rinnovare drasticamente la politica e dall'altro la considerevole forza che quel Silvio Berlusconi, l'emblema dello status quo, possiede ancora grazie al sostegno popolare. Due anime che rendono la società schizofrenica e portano a considerare qualsiasi forma di mediazione come una sorta di "inciucio". 
Sinceramente non saprei verso quale dei due candidati sbilanciarmi, certamente mi ritrovo idealmente più vicino a Rodotà, ma la forza che ha Marini di rappresentare unitariamente le diverse fazioni politiche (e quindi le diverse componenti dell'elettorato) non può essere lasciata in secondo piano. Idealità o razionalità, un dilemma a cui non so darmi una risposta.

(continua nel prossimo post)

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