martedì 14 maggio 2013

Turismo e risorgive

Basta prendere una bicicletta e percorrere via Molini lasciandosi alle spalle il centro abitato di Codroipo, per rendersi conto di quanta ricchezza si celi nascosta tra i campi di granturco e le "foreste" di Pioppi che caratterizzano ormai il panorama della zona delle risorgive codroipesi. In quelli che un tempo erano prati umidi solcati qua e là da centinaia di rigagnoli d'acqua, diverse casate della nobiltà veneziana e austriaca decisero di costruire le loro residenze estive così da poter trascorrere le loro lunghe villeggiature in una delle zone più affascinanti della pianura friulana.
Oggi di quella che un tempo era la zona delle risorgive che si estendeva dal Tagliamento fino a Bertiolo, rimane poco. Le vecchie olle sono state coperte dai contadini per far spazio alle loro culture e negli anni Sessanta ingenti opere di canalizzazione - iniziate già a metà nell'Ottocento - hanno cancellato quel panorama e quella natura meravigliosamente ricca che un tempo caratterizzava le Terre di Mezzo, e che ora si può riassaporare solo in alcuni specifici habitat salvati dalla bonifica - come il Parco delle Risorgive di Codroipo, quello di Rivignano, e i vari biotopi come i Prati Umidi di Flambro.
Non tutto però è stato sacrificato in nome della modernità, quei palazzi e quelle ville erette dalle varie casate nobiliari sono ancora presenti, simbolo perenne di uno sfarzo difficile ritrovabile in altri luoghi del nostro Friuli. E' possibile tracciare un percorso che partendo da quella che fu la reggia dei dogi veneziani a Passariano, giunge a toccare Villa Kecheler a San Martino - eretta dai Manin nel 1600, viene comprata dai Conti Kechler che trasformano una delle barchessa in filanda come ricordano Ippolito Nievo ed Ernest Hemingway - , la Villa dei Colloredo a Muscletto - costruita nel XVII secolo dai Conti di Muscletto che possedevano le fertili terre intorno all'abitato di Romans di Varmo - e Villa Mainardi a Gorizzo di Camino - già fortino costruito dai Conti di Gorizia per presidiare i guadi del  Tagliamento e poi trasformata in villa signorile nel 1648, nel suo ampio ingresso Ippolito Nievo ambientò alcune sue novelle.
Quattro sfarzose magioni, che insieme alle altre villette minori - come Villa Otellio a Sterpo e la Villa Savorgnan ad Ariis - costellano la medesima zona, ovvero quel triangolo di risorgive solcato dai fiumi Varmo e Stella che già nel Medioevo richiamava nobili da tutto il Triveneto e non solo. Un patrimonio paesaggistico che anche se mutilato rimane ancora consistente, e che quindi può e deve essere messo a frutto ridiventando quel polo di attrazione che fu in origine. 
Negli anni sono stati creati diversi percorsi ciclo-pedonali e ippovie di vario genere, che però rimangono deserte perchè costruite senza criterio, senza la possibilità di visitare quei punti di attrazione che queste ville rappresentano. Un progetto ambizioso deve prevede l'acquisto o l'apertura al pubblico di queste residenze oggi private e in stato di semi-abbandono (come appariva la Villa Manin prima che la Regione l'acquistasse negli anni Settanta), in modo che attraverso questi percorsi si possa sfruttare a pieno le potenzialità turistiche di una zona della nostra pianura friulana che la rendono particolarmente speciale e attraente, e che sopratutto in tempi di crisi possono rappresentare un volano per la nostra economia, sia locale che regionale.

mercoledì 8 maggio 2013

Il Lavoro: così prezioso, così fondativo

Il Lavoro per l'individuo non significa solo retribuzione e quindi sostentamento economico, ma anche una forma di realizzazione personale che permette gli di impiegare in modo costruttivo il proprio tempo, dando vita a tutta una serie di realizzazioni attraverso l'utilizzo delle proprie capacità intellettuali e manuali. Una vera e propria creazione di un qualcosa di irripetibile e di personale, che vale anche per gli operai addetti alle catene di montaggio che non potranno mai essere produttivi o innovativi alla stessa maniera dei propri compagni di "linea", tutti si differenzieranno per un qualcosa che è solo loro e che mettono nella creazione che stanno realizzando. 
In questi tempi di profonda crisi, in cui le imprese falliscono e le aziende pubbliche stentano a sopravvivere, il lavoro diventa una condizione privilegiata che porta a tenersela stretta chi ha la fortuna di possederla e a scervellarsi per trovarla chi invece non è altrettanto fortunato. Una situazione che obbliga la classe dirigente a porre rimedio a una simile carenza, individuando le cause che portano l'economia alla stagnazione e a reagire di conseguenza individuando una strategia di rilancio. L'ipotesi più avvalorata è la diminuzione dei costi del lavoro, ovvero di tutte quelle spese che gravano sui bilanci delle aziende per il semplice fatto di dover assumere personale per far funzionare il meccanismo produttivo. Una riduzione che non può essere intesa alla maniera dei neo-liberisti, ovvero attraverso l'abbattimento dei salari e degli ammortizzatori sociali, o peggio ancora attraverso la riduzione dei sistemi di sicurezza personali nei posti di lavoro. Una visione che ci riporterebbe indietro di anni, a ricreare delle "fabbriche dei veleni" come la tristemente famosa Sloi di Trento o la Icmesa di Seveso o la Eternit di Casale Monferrato. 
Una riduzione dei costi del lavoro che deve dunque passare per altre vie, come:
- la riduzione della tassazione da reddito di impresa attraverso la riduzione dell'IRPEF;
- il miglioramento dei sistemi di comunicazione, sia viari che informatici, attraverso la realizzazione di poli produttivi concentrati, la posa di cavi in fibra ottica per la copertura della banda larga, e la riduzione della congestione stradale attraverso incentivi all'utilizzo di mezzi pubblici e ferroviari;
- la cooperazione tra piccole-medie imprese attraverso la creazioni di reti di impresa, che coordinino la produzione di determinati prodotti tra diverse imprese in modo da rendere competitive sul mercato internazionale anche le aziende di dimensioni ridotte. 
Tre punti a mio pare semplici e fondamentali, che insieme possono fungere da volano immediato per l'economia senza rinunciare a tutte quelle vittorie ottenute nel corso degli anni da sindacalisti coraggiosi e da singoli operai che hanno sacrificato la propria vita - come quel Mario Pavesi ucciso dalle polveri della sua Eternit - per vedere migliorate le condizioni di lavoro non solo personale, ma di tutte le categorie e le generazioni di lavoratori.