lunedì 16 dicembre 2013

La protesta dei forconi

 
I "forconi" a Torino
Osservo con crescente preoccupazione quello che sta accadendo nelle piazze delle principali città italiane dove da quasi sette giorni ormai prosegue la cosiddetta "protesta dei forconi". Molte sono le analisi fatte dai vari commentatori politici sulle principali testate giornalistiche italiane, ma una particolare attenzione riserverei a quella proposta da Claudio Sardo su L'Unità di domenica 15 dicembre, soprattutto per il percorso di analisi che presenta.
Sardo parte dalla constatazione che i principali leader della protesta, anche se difficili da identificare per via della consistenza molto confusa delle richieste e della fasce sociali che vi partecipano, sono di estrazione berlusconiana. Partendo da Mariano Ferro, che diede vita alla protesta dei forconi in Sicilia proprio all'indomani della vittoria di Rosario Crocetta e quindi alla sconfitta per il centro-destra diviso tra il berlusconiano Sebastiano Musumeci e l'autonomista Giovanni Micciché. Una sconfitta che cambiò radicalmente gli equilibri di potere in Sicilia, consolidati ormai lungo l'asse PDL-MPA in quanto eredi del sistema di potere democristiano. 
Sulla stessa linea, la "protesta dei forconi" prende piede il 9 dicembre, circa 12 giorni dopo il voto che ha confermato la decadenza di Silvio Berlusconi dal parlamento. Appare quindi il legame che esiste tra le vicende del leader del Centro-Destra e questa protesta che si arroga il diritto di rappresentare tutto il popolo italiano. Altro elemento da tenere in considerazione nel confermare questo legame di cui ci parla con chiarezza Sardo, ma non solo, è la natura delle richieste che provengono dalla piazza, in primis le dimissioni di un governo che i "forconi" ritengono illegittimo, proprio all'indomani della decisione della nuova Forza Italia di ritirare il suo sostegno al premier Letta. Altri temi sono difficili da individuare in quel marasma di malumori che caratterizza queste piazze, saltano all'occhio la richiesta di uscire dall'euro, le dichiarazioni di sostegno al leader nazionalista ungherese Viktor Orbàn, le frasi antisemite, l'escalation della violenza, fisica e verbale, ma soprattutto l'avversione verso Equitalia. Un insieme di populismo, anti-statalismo e nichilismo che rappresentano il nocciolo della cultura politica proposta per vent'anni dal centrodestra berlusconiano.
Non possiamo considerare questa protesta frutto di una operazione di Silvio Berlusconi e del suo team politico, essa si caratterizza come la reazione di quella parte consistente del elettorato berlusconiano che con la fine del suo ventennale leader, non è riuscita a trovare un'altra rappresentanza nel Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano o nel Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, e che ha coagulato intorno a se la disperazione di alcune di quelle fasce sociali che sono state maggiormente colpite dalla Crisi (esodati, piccoli commercianti, ambulanti, "padroncini", piccoli autotraspostatori).
Infine nel concludere ritengo che la soluzione a quello che risulta essere un elemento di forte instabilità per la democrazia, rappresentato anche dal gesto di sostegno di alcuni membri delle forze dell'ordine che hanno abbandonato quella neutralità politica che devono necessariamente possedere, sia ritrovabile nella crisi del centro-destra. Se questi saprà uscire dal trauma del post-Berlusconi riconsolidando il suo elettorato intorno a una forza politica democratica e riconducibile ai partiti popolari europei, il sistema democratico si riconsoliderà; se invece questa operazione dovesse fallire, le forze democratiche, che rimarrebbero quindi rappresentate unicamente dalle sinistre e dai sindacati, temo non avranno la forza per poter contenere questa spinta distruttiva e anti-sistemica. 
In democrazia gli schieramenti politici devono affrontarsi utilizzando i meccanismi che il sistema mette loro a disposizione e legittimandosi a vicenda, se invece buona parte di queste decide di ricorre a strumenti diversi per catturare il consenso (come la demagogia e il populismo che portano alla demonizzazione dell'avversario e quindi alla sua delegittimazione), inevitabilmente il sistema sarà destinato a collassare.

venerdì 13 dicembre 2013

Renzi, il nuovo segretario del PD

Matteo Renzi alla festa per la vittoria
Il risultato delle primarie è indiscutibile e consegna la vittoria a Matteo Renzi con 1.887.396 voti (68%), contro i 505.800 (18%) di Gianni Cuperlo e i 395.715 (14%) di Pippo Civati. Si potrebbe criticare la composizione dei vari elettorati, ovvero la decisione di aprire le votazioni per la segreteria del Partito Democratico a tutti i cittadini italiani che abbiano dichiarato di essere elettori del Centro-Sinistra e non solo agli iscritti. Personalmente ribadisco di essere stato avverso a questa decisione di cosiddetta "apertura", unicamente perchè si tratta di una logica che impoverisce il significato che la tessera, e quindi l'iscrizione al partito, possiede: un'espressione di appartenenza e di impegno politico. Devo però riconoscere che alla luce delle proteste dei cosiddetti "forconi", scoppiate nelle principali piazze italiane all'indomani delle votazioni (lunedì 9, per essere esatti), l' "apertura" si è dimostrata una scelta efficace, perchè ha esternato l'affetto di quasi 3 milioni di italiani alla democrazia e ai suoi meccanismi, in contrasto con i metodi squadristi e sovversivi dei "forconi" che troppo ricordano l'aggressività della propaganda fascista degli anni Venti.
La vittoria di Renzi senza ombra di dubbio segna una discontinuità con il passato, l'uscita di scena degli ultimi dirigenti che si erano formati nel PCI segna la chiusura delle ostilità tra coloro che riconoscevano le rispettive identità sulla base delle precedenti appartenenze partitiche (ex-DS, ex-Margherita, ex-PPI, ex-PSI. ex- ... ). Con la segreteria Renzi, e con la nuova generazione che ora è incaricata di assumere il ruolo dirigente del partito, si apre la possibilità di avviare un nuovo percorso fondativo per il PD, che veda la fine della correnti e l'affermarsi di un'identità nuova e originaria, che trova le sue fondamenta nei valori del progressismo europeo.
E' importante quindi che si metta in campo un'operazione di riconsolidamento del PD a livello locale, attraverso l'azione dei circoli e delle segreterie regionali, due tasselli fondamentali per connettere i cittadini con gli organi dirigenti nazionali e quindi con le istituzioni statali. Di pari passo bisogna rafforzare questa operazione di fondazione attraverso l'affermazione di quelli che sono i valori fondativi della Sinistra, come il rispetto della Costituzione, i diritti civili, l'uguaglianza sociale e la redistribuzione della ricchezza. Partendo quindi dalle realtà locali, appare necessario rilanciare la proposta programmatica di questo nuovo PD attraverso la promozione di iniziative che ricolleghino il partito a quello che è il suo terreno sociale di riferimento: le fasce più deboli della popolazione, come i precari, gli "esodati", i piccoli imprenditori, i lavoratori dipendenti, gli operai, i giovani senza lavoro.
Per rilanciare il partito e quindi consolidare la democrazia, salvaguardandola da quelle spinte populistiche e demagogiche che ora si alimentano del diffuso malcontento provocato dall'inerzia decisionale delle istituzioni governative, bisogna tornare a parlare alle fasce sociali che più stanno sopportando il peso di questa crisi economica. Se non saremo noi e le organizzazioni sindacali a convogliare le loro istanze, esse comunque le esprimeranno attraverso strumenti che però non saranno quelli democratici, perchè ai loro occhi i partiti saranno quelle organizzazioni che nel momento in cui avrebbero dovuto farsi ancora più carico della voce e delle loro difficoltà, si sono rinchiusi in se stessi, giustificando le accuse dei demagoghi anti-statalisti come Beppe Grillo che accusano il PD e gli altri partiti di essere "dei ladri, corrotti e collusi. Dei cadaveri!".
Ora quindi abbiamo l'occasione di rilanciare il partito e consolidare la democrazia in Italia, e questo possiamo farlo solo parlando al Paese e ripartendo da Sinistra