domenica 10 febbraio 2013

Il dopo-sbornia italiano

Come dopo ogni festa, è arrivato il momento per noi italiani di riprenderci dai fumi e dalle ebrezze del periodo appena trascorso. Dopo anni di ampolle, rutti, mignotte, incazzature, "diciamolo" (per dirla alla La Russa) è ora di riprendere quella tanto disprezzata normalità che ci permette di analizzare con ragionevolezza le nostra capacità, e di scegliere la direzione migliore da intraprendere per affrontare le difficoltà quotidiane.
Silvio Berlusconi è stato, e sarà, una figura importantissima nella storia del nostro Paese. Il suo nome lo ritroveremo, insieme a quelli di Mussolini, Andreotti e Craxi, nelle pagine più oscure e complesse della Storia d'Italia. Parlo al passato perchè ormai credo che la festa sia finita, il festeggiato ormai è andato via (o quasi, si spera), e i partecipanti si stanno risvegliando con un gran mal di testa, preparandosi ad affrontare la nausa del dopo-sbornia.
Come in ogni festa esagerata, abbiamo però bevuto troppo; il berlusconismo è radicato in noi ormai: l'estremismo del linguaggio, l'ostentazione del macismo, l'esaltazione delle immagini a scapito dei contenuti, la rimozione del passato (anche di quello più recente). Queste caratteristiche adesso ci appartengono, fanno parte della vita di tutti i giorni.
Il rimedio, il dopo-sbornia migliore, non è continuare a mostrare l'assurdità del giullare come i giornalisti (Santoro per primo) si ostinano a fare nel disperato tentativo di incrementare il proprio share. Berlusconi non morirà mai in televisione, è il suo regno, è l'uomo del "biscione". La puntata di "Servizio Pubblico" in cui doveva essere messo a nudo una volte per tutte ci dimostra il fallimento di questa strategia (oltre che la fine di quel format televisivo: l'arena dei gladiatori, con i politici in sala che si scannano per due ore abbonandi senza concludere un accidente).
La soluzione alla nausea che ci afflige è riscorprire un modo di parlare pacato e non urlato, mediato e non mediatico. Ritrovare tutto quell'insieme di valori e di passioni civili che Roberto Benigni con il suo "La più bella del mondo" ci ha fatto sentire più vicini che mai. La cultura, la Costituzione, l'amor di patria, sono solo tre dei valori fondamentali che ci possono permettere di resistere alla nausa del dopo-sbornia e ritornare finalmente al lavoro di tutti i giorni, con le sue difficoltà, i suoi problemi e le passioni che ci permettono di crescere, passo dopo passo, sia come individui che come nazione.

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