domenica 7 luglio 2013

Una barbarie senza tempo

Quando ieri pomeriggio aprendo il sito della Gazzetta dello Sport ho visto il reportage quasi non credevo alle parole che stavo leggendo, mi sembrava di leggere un quotidiano della Transilvania del Cinquecento e invece era terribilmente attuale, una news arrivata direttamente dal Brasile, e cioè dall'altra parte del mondo rispetto alla patria del noto conte Dracula (al tempo "Vlad l'impalatore").
In una cittadina nello stato del Maranhao, nel nord est del paese, durante una partita nel locale stadio di calcio, Otavio de Silva arbitro ventenne delle federazione calcistica brasiliana, accoltella a morte Josenir dos Santos Abreu, calciatore trentaduenne, dopo che questi contesta in modo vivace con calci e urla la decisione del giovane arbitro.
Alcuni tifosi presenti nello stadio, molto probabilmente amici del giocatore ferito a morte, invadono il campo e dopo aver inseguito, catturato, legato, picchiato, lapidato ed infine squartato l'arbitro, non soddisfatta la loro sete di sangue decidono di decapitarne il corpo e di impalare la testa portandola in giro per lo stadio come trofeo. Un gesto che forse solo i transilvani del Cinquecento o i romani del tardo impero hanno visto commettere con altrettanta brutalità; insomma una violenza degna di un orda barbarica.
Una vicenda che non può che lasciare allibiti per la bestialità che esprime, due ragazzi sono morti per un motivo futile: una contestazione arbitrale. Purtroppo non è il primo episodio, anche le tifoserie nostrane ci hanno dimostrato come un mix di tensione sociale, assembramento popolare e forte emotività, porti le persone a tirare fuori il loro lato più bestiale, lasciandosi andare a gesti macabri e ad una violenza agghiacciante.
Purtroppo in questi casi è difficile trovare la cause di un simile comportamento perchè bisogna entrare nella psiche collettiva, analizzare a fondo da un punto di vista sociologico la popolazione, scendere insomma ad un livello così interiore e profondo dell'animo umano che risulta difficile fare una sintesi. L'unica possibilità che abbiamo è quella di cercare di disinnescare la bomba sociale prima che esploda, attraverso l'attività di controllo della folla da parte degli stewards, l'educazione civile dei giocatori e di tutto lo staff sportivo (gesti come un "vaffa" sembrano insignificanti ma se moltiplicati e commessi da personaggi popolari per il grande pubblico, portano ad indebolire l'autorità degli arbitri e del personale dirigente e quindi ad innescare la rivolta) e infine attraverso un'educazione civica anche del pubblico che deve capire che allo stadio si va per godersi una giornata di sano sport e non per sfogare la rabbia repressa contro le tifoserie avversarie o, in questo caso, contro un singolo capro espiatorio (anche se in questo caso bestiale tanto quanto i suoi carnefici).

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